MINIBOND. UN'INDUSTRIA IN CRESCITA
A cura del Prof. Giancarlo Giudici – Associate professor of Corporate Finance Politecnico di Milano – DIG School of Management
I minibond sono titoli di debito (obbligazioni e cambiali finanziarie) emessi da società italiane non finanziarie, quotate o non quotate in Borsa, in virtù delle innovazioni normative introdotte dal 2012 in avanti che hanno consentito anche a piccole e medie imprese di utilizzare questo canale di finanziamento alternativo al credito bancario.
L'Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano studia da sei anni questo settore, analizzando tutte le emissioni da parte di società di capitale o cooperative aventi operatività propria (escludendo banche, assicurazioni e società finanziarie) di importo inferiore a 50 milioni di euro, non quotate su listini aperti agli investitori retail. Esiste anche un listino borsistico a Piazza Affari dedicato ai minibond, ExtraMOT PRO3. A fine 2019 erano quotati 161 titoli emessi da 114 imprese.
Due novità hanno interessato recentemente la filiera dei minibond, ovvero: (i) la riforma dei PIR, (ii) il nuovo Regolamento Consob che implementa la possibilità per i portali autorizzati di equity crowdfunding di collocare minibond di SpA a particolari categorie di investitori.
Nel 2019 l'industria dei minibond ha confermato lo sviluppo costante degli ultimi anni. Sono ben 536 le imprese italiane che alla data del 31 dicembre 2019 avevano collocato minibond; di queste, 314 (il 58,6%) sono PMI. Nel 2019 le emittenti sono state 183 (di cui ben 129 si sono affacciate sul mercato per la prima volta), record storico per entrambi i valori da quando è partita l'industria.
Le emittenti del 2019 sono per il 69,4% SpA, per il 28,4% Srl e per il 2,2% società cooperative. Il volume dei ricavi delle imprese emittenti è molto variabile: ben 54 emittenti (29,5%) fatturavano meno di € 10 milioni prima del collocamento.
Per quanto riguarda il settore di attività, si riscontra la netta supremazia del comparto manifatturiero (44,3% del campione 2019). La collocazione geografica evidenzia una netta prevalenza delle regioni del Nord; il 2019 ha visto un ruolo dominante della Lombardia con ben 41 emittenti (il 22,4% su scala nazionale). Crescono il Veneto, il Trentino-Alto Adige e le regioni del Sud.
Rispetto alle motivazioni del collocamento, si conferma come dominante l'obiettivo di finanziare la crescita interna dell'azienda (nel 62,1% dei casi dell'intero campione). Al secondo posto emerge l'obiettivo di ristrutturare le passività finanziarie (12,7%). Seguono il bisogno di alimentare il ciclo di cassa del capitale circolante (soprattutto per le PMI) e le strategie di crescita esterna tramite acquisizioni (soprattutto per le grandi imprese).
Il database dell'Osservatorio del Politecnico comprende 801 emissioni di minibond effettuate dalle imprese del campione a partire da novembre 2012 (in alcuni casi le imprese hanno condotto più emissioni).
Il valore nominale totale dei minibond nel campione supera 5,5 miliardi di euro (1,97 miliardi considerando solo le emissioni fatte da PMI). La raccolta netta, dedotto il capitale già rimborsato nel corso del tempo, è pari a circa 4,75 miliardi di euro (1,7 miliardi per le sole PMI).
Il 2019 ha contribuito con 1,18 miliardi di euro da 207 emissioni: altro record storico (+21,1% la raccolta, +24,7% le emissioni rispetto al 2018), ma è scesa la raccolta fatta dalle PMI (344 milioni di euro rispetto a 379 milioni del 2018).
Il valore medio delle emissioni è al minimo tendenziale storico (4,68 milioni di euro nel secondo semestre 2019).
Nel campione totale, il 63% delle emissioni è sotto la soglia di 5 milioni di euro e nel 2019 la percentuale sale quasi al 68%.
Fra tutti i minibond, meno della metà (il 47%) sono stati quotati su un mercato borsistico; nel 2019 tale percentuale è scesa al 32%: calano quelli quotati su ExtraMOT PRO3 (il 23%), rimangono stabili quelle che scelgono un listino estero (il 9%).
Per quanto riguarda la scadenza, la distribuzione continua ad essere molto variegata, con una serie di titoli short term con maturity a pochi mesi ed emissioni a più lunga scadenza. Il valore medio del 2019 è 5 anni (stabile rispetto al 2018).
Il 57,7% dei titoli prevede il rimborso del titolo a rate successive (amortizing). Nelle emissioni a breve scadenza è relativamente più frequente la modalità bullet, con un rimborso integrale alla scadenza.
Per quanto riguarda la cedola, nella maggioranza dei casi è fissa ma nel 2019 è aumentata molto la frequenza della cedola indicizzata. Il valore medio della cedola fissa per l'intero campione è pari a 4,89%, quello mediano è il 5%. Nel 2019 la media è 4,42% rispetto a 5,07% dell'anno prima.
I minibond del campione sono associati ad un rating emesso da agenzie autorizzate nel 26% dei casi. Il ricorso al rating è calato ancora nel 2019 (solo il 14% delle emissioni l'ha ottenuto).
La presenza di una garanzia sul rimborso del capitale, a dare maggiore sicurezza agli investitori (quale può essere un pegno o una copertura offerta da soggetti esterni), è ancora aumentata nel 2019 (riguarda il 42% dei casi nel 2019 contro il 33% per l'intero campione).
In conclusione, i minibond sono una nuova asset class interessante; non va sottolineato il rischio (sono titoli illiquidi emessi da aziende non quotate, a volte molto piccole) ma offrono opportunità di rendimento interessanti e soprattutto sono un mezzo per sostenere l'Economia Reale e le PMI italiane.