LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELL'EMERGENZA CORONAVIRUS SONO MOLTEPLICI PER LA CINA E PER L'ITALIA. A PARTIRE DALLA SETTIMANA DEL CAPODANNO CINESE I VIAGGI AEREI, TERRESTRI E SU ROTAIA SONO CROLLATI SU BASE ANNUALE DI VALORI TRA IL 55% E IL 70%.
L'allerta sanitaria e le misure precauzionali dovute all'epidemia di nuovo coronavirus sono in atto in Cina dai giorni immediatamente successivi al Capodanno lunare che si è festeggiato a cavallo fra il 24 e il 25 gennaio. Una delle motivazioni per le misure drastiche di limitazione degli spostamenti è la coincidenza, proprio in quei giorni, del fenomeno di maggiore migrazione umana stagionale che prevede fino a 400 milioni di persone fare circa 3 miliardi di viaggi per spostarsi dai luoghi di lavoro e residenza alle località di origine, senza contare il fenomeno del turismo all'estero. Da questa circostanza dipendono le conseguenze economiche per la Cina e per l'Italia. A partire dalla settimana del capodanno i viaggi aerei, terrestri e su rotaia sono crollati su base annuale di valori tra il 55% e il 70% e la congestione stradale è ai livelli minimi. Gli effetti sull'economia, dunque, sono di due tipi: crollo dei consumi – in particolare per quanto riguarda tutte le attività all'aperto come ristorazione e intrattenimento – fin dalla settimana cominciata il 27 gennaio e stop alla produzione con una incidenza soprattutto a partire dal 3 febbraio. La settimana precedente, infatti, è una settimana festiva comparabile al nostro periodo che intercorre tra Natale e Capodanno e l'attività era già sospesa. Per misura precauzionale tutti i rientri in fabbrica – da parte di lavoratori fuori sede per centinaia di km – sono stati rimandati inizialmente al 10 febbraio, ma a quella data si è riscontrata solo una leggera ripresa dell'attività in alcuni casi non superiori al 10%, e vi sono dubbi sul fatto che il 17 febbraio ci sia un pieno rilancio, previsto secondo alcuni non prima di marzo. Quali ricadute, allora, per l'Italia? Dal punto di vista dei consumi, oltre all'export in generale – data anche la particolarità del momento dell'anno – il settore più colpito è quello del turismo in virtù anche della sfortunata coincidenza che il 21 gennaio si inaugurava l'anno del turismo Italia-Cina con promesse di grande successo. Il turismo cinese, infatti, è il principale fatto nuovo che caratterizza il settore alla luce di circa 150 milioni di viaggi all'estero da parte dei cinesi nel 2019 con l'aggiunta della loro grande propensione alla spesa. È la Cina, infatti, tra i primi paesi per "scontrino medio" – superiore ai 1000€ – un elemento che si coniuga con la circostanza che è cinese un terzo del mercato del lusso mondiale, con una propensione molto alta (76%) all'acquisto di questi prodotti all'estero, tra cui ovviamente l'Italia. Per quanto riguarda la produzione, invece, le incognite sono legate all'integrazione globale delle catene del valore e dunque alla sospensione di forniture di componenti cruciali per il processo produttivo. Non a caso, Hyundai ha sospeso la produzione a Seoul per assenza di componenti cinesi e FCA ha dichiarato di considerare questo rischio. Effettive valutazioni sul costo per l'Italia potranno essere fatte solo al momento di maggiore chiarezza sulla riapertura, tenendo conto che alcuni fornitori potrebbero patire chiusure prolungate. Sul turismo sarà importante ristabilire quanto prima un clima di fiducia per cogliere la voglia di rilancio dei cinesi.